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Oestre _ (Semi di Zucca)

C'era una volta, una volta non c'era, l'unica storia di una fata vera.
Per prima cosa di lei si sentiva, il profumo che nell'aria distribuiva.
Polline salato e trifoglio speziato, nessun pensiero che la toccava era peccato.
Si muoveva paziente tra le stelle del prato e camminava silente sul cratere dannato.

Gli animali del bosco le portavan rispetto perchè a nessuno faceva dispetto,
i fragili steli l'accoglievano sereni e gli alberi forti la proteggevano dai torti.
Nel canto della sua voce lei portava una croce: muta era nata e nulla l'avrebbe cambiata.

Un rospo storto le disse un giorno
seguimi o fata e potrai essere salvata.
Distratte le erbe, gli animali e le piante, sola al mondo si sentiva abbandonata.
Nel silenzio della sua voce seguì il rospo, e si addentrò nel folto del bosco.

Il freddo cresceva e la luce arretrava.
Il rospo incurante saltellava goffamente
la fata gelante, lo seguiva timidamente.

La paura cresceva tra il fitto fogliame
e le ombre della notte la tagliavano come lame.

Piccola fata, la derise il rospo, tremi come un topolino davanti ad un grosso felino.
Non ti mangerò, non temere, ma l'Inverno ti vuole possedere.
Un patto con te vuole fare: se al suo gelo sopravviverai, il tuo canto tra tre Lune riavrai.

La fata pallida e più che mai splendente, strinse con forza ogni suo dente.
Un battito d'ali e l'accordo era saldato, alla morsa dell'Inverno non avrebbe ceduto.

Il suo piccolo cuore a stento batteva, con pendagli di ghiaccio ad ogni fiato si stringeva.
Era prossima alla morte ma non poteva mollare, si chiuse in un guscio per in vita restare.

Divenne una perla, la più luminosa, che sul manto di neve giaceva graziosa.
L'Inverno la osservava e a tratti l'amava, il coraggio della fata che era suo ostaggio.
Lentamente nel suo cuore iniziò a calare, una goccia di rugiada dal calore celestiale.

L'inverno è solo, non ha con chi parlare.
Con il solo tocco tutto fa addormentare: lo gnomo danzante d'improvviso dormiente.
La pianta induriva e il cielo ingrigiva. 
Di torri di ceramica il mondo diventava, muto come la fata
all'Inverno si chiudeva.

Disperato e disprezzato della rabbia si nutriva 
ma la perla sulla neve, ora tutto cambiava.
Piccola fata ti prego racconta, come è fatta la Natura non morta?

Un soffio delicato si alzò allora dalla perla: mio dolce Inverno tu mi senti? La mia voce ti giunge o è frutto delle nostre menti?
Se posso parlare devo smettere di sognare: cuore di ghiaccio ardi d'amore, ali di fata nel gelo muore.
Della Natura tu mi chiedi, ma la realtà non possiedi.
Nello stesso luogo non possiamo stare, un unico equilibrio dobbiamo generare.
Dal mio calore lontano devi stare, se la vita vuoi salvaguardare.
Il tuo sapore non posso assaggiare, se la mia voce voglio mantenere.

Lacrime sapienti scivolano silenti, il dolore dell'Inverno ora sgorga saggiamente:
ogni dono ha il suo prezzo e si paga con ogni mezzo.

Un giorno solo possiamo avere, in cui entrambi possiamo godere:
Io e te insieme possiamo stare e mille storie narrare e cantare.

Un'unica giornata a lungo agognata
in cui incontrare la propria amata.
Il giorno e la notte perfetti saranno, del nostro amore manterran l'inganno.
Se entra la fata esce l'Inverno
in uno scambio quasi eterno.

La perla si è sciolta e la fata è caduta,
Oestre è il tuo nome che tu sia benvenuta.

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