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Visualizzazione dei post da agosto, 2015

Persistente cocciuta illusione _

Io lo chiamo effetto carta moschicida, quella gialla e dolciastra. Il fenomeno si presenta quando un concetto svolazzante si avvicina ai nostri pensieri e vi rimane incollato in maniera dolorosa e fastidiosa. In queste occasioni si può agire in diversi modi, ma da buona animalista che non può liberarsi del foglio mieloso dentro la sua testa, procedo con una lenta analisi della preda per riuscire a staccarla senza danni e rimetterla in libertà, verso la prossima trappola. Durante questo processo il mondo intero sembra mandare segnali a riguardo, come a voler richiamare a sé il concetto rimasto intrappolato, mi parla solo più di lui (un po' come quando si iniziano a vedere in giro esclusivamente macchine uguali a quelle dell'ex). Questa settimana si è appiccicato l'ideale di comunità. Come un occhio di bue che si focalizza su una faccia qualunque tra il pubblico e la mette al centro della scena, solo per un po'. Tra le mani hanno iniziato a passarmi articoli su

Ancora sull'amore: esperimento xx _

Il frinire delle cicale si infila tra le liste inclinate delle imposte e raggiunge il cuscino fresco. Tra i primi veli del sonno mi godo il canto famigliare e impiego un attimo a rendermi conto che mi trovo nel centro di una metropoli. È la prima volta in vita mia in cui provo sulla pelle tutte quelle storie sul vivere le città in agosto, soprattutto se si tratta di posti come Milano, che quando si svuotano lo fanno sul serio (come tutto del resto). Tutte le serrande sono abbassate, se non fosse per i sempre aperti supermercati si rischierebbe la morte per fame e in giro si parla di tutto, tranne che l'italiano. Sui quattro palazzi del mio cortile sono l'unico appartamento con una luce accesa e questa calma è quasi claustrofobica, sicuramente un po' inquietante. In questa ambientazione alla Richard Matheson il canto delle cicale diventa un ticchettio, uno scandire, un contare non pecore, ma uomini (le battute si sprecano). Il fatto che un tale scenario evochi il

Cimeli di famiglia _

Eccola qui, riemerge dalla pulizia della scrivania. Con l'aura intonsa degli oggetti dimenticati: la lista delle cose da fare durante le ferie, diligentemente compilata durante i colpi di coda lavorativi, quando la mente è a metà tra lo stoicismo e il letargo. Quando, ancora soggetti ad una routine attiva, non ci si ricorda del potere fatale del divano. Prima di realizzare di avere davanti 335 ore e non giorni di ferie, un anno (circa) concentrato in due settimane, spese a rimodellare tutti i cuscini della casa secondo l'anatomia del proprio corpo. Ora, a diciassette ore dal ritorno in ufficio, mi trovo faccia a faccia con questo elenco ordinato a cui avevo affidato le speranze di vacanze produttive. Sembra quasi guardarmi con un misto di rassegnazione e di tristezza, per averlo sommerso e ignorato, oltre a non aver spuntato neanche una delle sue voci. Mi siedo pronta a sbobinare tutte le ragioni che mi hanno portata a non adempiere al mio dovere di vacanziera, a g