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Amore Antico _ (cap.2)


Viaggiavo con Amore e cercavo Amore Antico, antico come il legame con la terra, come la protezione e l'isolamento, la cura e la dedizione verso questa creatura che è casa. Cercavo l'amore delle radici, quello che pulsa nella pietra e parla con il vento. Cercavo le storie che raccontano questa terra, queste forme, questa materia. 

Cercavo, e per cercare bisogna partire. Ogni volta che parto gli occhi mi diventano strani, un po' pesanti, un po' gonfi. È come se si spaccassero, fratturati tra due mondi che non sanno convivere. Vedo tutto e fa male.

Cercavo, e ho trovato il silenzio.
Il tempo del silenzio,
la consistenza del silenzio.
Il silenzio come un oceano immenso, senza confini. Dentro cui si trova tutto e si può scendere in profondità vertiginose. Il tempo è languido nel silenzio, si può soppesare il peso della riflessione e delle scelte eterne.

Provo sempre a restare, a fermarmi, a scegliere di esserci. Ci provo con tutta me stessa ma alla fine, non so come, mi ritrovo a guardare fuori da un finestrino che corre via; verso qualcosa che non è niente di ciò per cui vorrei restare e che mi spezza il cuore abbandonare.
È più forte di me, è il dono.
E ogni tanto sono stanca, non vorrei essere così, eppure l'istinto agisce per me e io sono qui, dentro di me, e il mondo scorre fuori.

C'è una storia che racconta di non restare troppo attaccati alla realtà che si vive perchè, se ci si sposta, quella sparisce e un'altra esiste. E la mancanza diventa un sentimento dolce se si scelgono i propri passi, perchè le cose si modificano e continuano a esistere nei liquidi del nostro essere: siamo la pozione della nostra realtà.
Una realtà che è tutta esperienza, quella che passa tra un punto e l'altro, e la si deve vivere, non si può solo immaginare. In questa realtà non si può ancora (o non si può più) sognare, bisogna esperire: migliaia di minuscole esperienze in cui ogni secondo, ogni respiro, va grattato come il ghiaccio dal parabrezza.

In questo mio andare ho ritrovato una cosa, un respiro, un piccolo sorso d'aria che sapeva di lacrime. Una frazione di secondo in cui ho sentito la fatica che stavo facendo fino a lì: la percepivo ma non lo sapevo fino in fondo. Poi, in quel momento, è arrivata tutta e allora ho capito.

Mi sono sentita invasa come mi mancava da molto, invasa da quel senso profondo di appartenenza a nessun posto nel mondo. Una sensazione di completezza, di comprensione estrema in cui io, solo io, ho dormito su pavimenti duri e gelidi con il cuore colmo di gioia, ho respirato fango godendo del sapore e ho prostrato la mia anima a riti e cerchi.
Io, solo io, ho assaporato le conquiste e ho vissuto le battaglie per arrivarci. Ho mentito, sofferto e saggiato i maestri e i pensieri immensi che popolano la mia persona e mi donano la mia forma. Forma, su cui nessuno potrà mai poggiare le mani tenendo gli occhi chiusi per impararla a memoria.

Chiedo scusa agli angeli e agli spiriti che si sono sentiti violati da questo mio sguardo invadente, curioso e spezzato. Perdonate lo stupore innanzi alla vostra liberazione. Tanto rumore regna tra le vie di pietra che sto attraversando: il tocco dell'uomo si crepa e appassisce mentre la natura rigurgita la sua rivincita sulla vita.
Questo è il regno della pietra e del ferro, della protezione scavata sottraendo terra alla terra con sussurri e preghiere che si erigono in ribelli arbusti dal colore del cielo.

Qui ci sono anime a cui hanno soffocato la sensibilità anziché coltivarla. Anime a cui è stato insegnato con dolore che essere sensibili è una debolezza anziché una potenza. Sono coloro il cui silenzio esplode di emozioni, coloro che abbassano gli occhi per nascondere le scintille e tacciono, timorosi del loro stesso potere, del loro sentirsi così profondamente diversi. Distanti da quelli che prendono a calci la loro anima che lentamente si accartoccia nel loro stomaco, lasciando spazio ad un vuoto che li renderà per sempre famelici e furiosi.
E io, io sono pericolosa per queste anime: le denudo e loro capiscono di essere stati scoperti e latrano offesi, respirano, vacillano, crollano. E io, io crollo con loro.
Mi ritrovo incerta se svelargli quello che ho visto o se invece va bene così, con un segreto silenzioso fatto di gesti e calore e non di parole. Perchè si può crollare, ci si può lasciare andare e andrà tutto bene.
Sento un piccolo sconforto, solo questo, un piccolo sospiro che racchiude un modo di essere e l'incapacità di saperlo raccontare, non trovare le parole e gli specchi per la sensibilità.
Basterebbe un tuffo nella pozza giusta per ricordarsi cosa vuol dire respirare e il colore della propria pelle e delle braccia, dei cuori e delle anime che ti danzano e cantano intorno. Per ricordarti che tu esisti: rilassa le spalle e sentiti a casa, tu vieni da qui, un pezzo del tuo cuore viene da qui.
Sorridi con la malizia di chi possiede un segreto immenso: se non lo hanno vissuto, non glielo possiamo raccontare.

Ho gli occhi gonfi e pesanti, stanchi e sensibili; ho gli occhi come me.

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