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Amore scoordinato _ (cap. 4)


Quando entro in cucina la mattina, ho sempre la sensazione che il tempo non ricomincerà a scorrere mai più. Con la sua luce bassa sul lavandino, mi prude tutta la pelle mentre preparo il caffè. 
Il silenzio è più vero che non di notte, quando i sogni ti assalgono con rumore e senza preavviso, nella mattina c'è lo sforzo di riportare a galla i pensieri, come una rete da pesca incagliata sul fondo del mare.
Il rubinetto lancia una goccia sul metallo, mi gratto a fondo, si staccano le prime scaglie di derma, il caffè sale, almeno lui. Guardo la foglia secca che rimane tenacemente attaccata al suo ramo, sarei brava con le piante, se solo non morissero tutte. Potrei essere brava anche con la mia vita, se solo non mi divorasse il vuoto, se solo non mi prudesse così tanto la pelle. Lascio che il fastidio mi pungoli ancora un po' prima di cercare sollievo, appollaiata sulla mia sedia, il caffè, la luce.
Un'unghia segue il bordo dell'ombelico, è irritato, cerco di non farlo arrabbiare, concentra su quel nodo di pelle cicatrizzato. Mi sembra più grande, come il buco di una ciambella che lievita e si allarga.
Osservo la luce che si allunga sul muro: bere il caffè richiede tre listelli della tapparella, quando mi alzo per lavare la tazza, la luce è arrivata al sesto listello, nel mezzo c'è stato solo prurito.
Quando succede sono in bagno, davanti allo specchio, sento qualcosa che si sposta dentro, nel torace, mi sembra che le costole scricchiolino. Mi alzo la maglia per controllare e nel riflesso le vedo premere sulla pelle, come se si stessero allargando. Si dischiudono come i petali di un fiore, con un sottile strato rosa a trattenerle. Non arriva il dolore ma lascio cadere i vestiti a terra, ho bisogno di respirare. Apro l'acqua perché ancora tutto prude e perché voglio vederla scorrere sul costato come i torrenti sui sassi di montagna.
Il vapore riempie l'aria che vorrei inalare, mi si aggrappa addosso e la carne inizia a cedere piano, si scioglie sotto quella pressione, elastica e grondante si squaglia e diventa tanta, lascia spazio alle costole, lascia spazio all'ombelico, mi riduco ad una serpe in muta.
Faccio fatica a muovermi con tutta quella carne, mi trascino fuori dal bagno, non mi asciugo, lascio scie umide di vari umori in corridoio.
Con il primo scatto arriva la prima scarica di dolore, sono vicina al letto, cado, le ossa delle scapole si sono spalancate, o spezzate, erano ali prima, ora sono gengive voraci.
Mi sento piccola dentro di me, il mio corpo si espande come un universo annoiato di se stesso, si allontana da me e mi contiene sempre. Inizia a fare male, non riesco a capire come stare dietro alla mia carne, sono una bambina con un abito troppo grosso che non posso togliermi di dosso ma solo continuare a inciampare nell'orlo. Mi rialzo scivolosa di sudore, non riesco a ricordarmi come si fa a muoversi, mi sembra che le gambe abbiano cambiato lingua e io sono rimasta indietro, rigida, goffa, ingolfata. Dal punto dove c'era il mio ombelico, ora enorme, si espande un gran calore, i capillari si infiammano uno dopo l'altro bruciandomi dentro.
Vorrei bere, affogare.
Alzo gli occhi e mi ritrovo avvolta in una soffice polvere bianca, si alza dalla mia pelle essiccata, minuscole scaglie di cenere epidermica che si sollevano da me, in una nuvola evanescente. La luce la attraversa.
Muto e mi faccio grande dentro, il mio corpo sta facendo spazio per ospitare qualcosa, qualcosa che viene da me ma è fuori di me, qualcosa che c'era, assopito sul fondo e che ha iniziato ad allungare le radici, ha attecchito. Viene da me ma è stato svegliato da un canto fuori, il canto che Amore ha portato nella mia vita. Penso a tutto questo distesa scomposta, nuda e immobile sul tappeto, ai piedi del letto. Non ce l'ho fatta ad alzarmi, niente di me risponde. Allora rimango ferma, rannicchiata in questo involucro gigante, nelle mie ossa divelte, nella mia cenere, padrona solo del mio sentire.
Non so più cosa sono, stropicciata, sconvolta, travolta. Cambiata. Mutata.
Ho perso i confini e sono diventata tanti, perché ho iniziato a muovere passi di danza con Amore e l'amore è tanti, ma tutti dentro, tutti insieme. C'è bisogno di un sacco di spazio. E il corpo crolla, si modella, si fa a pezzi per farli stare tutti. E io? Io dove sono in mezzo a questo marasma di carne e ossa destrutturate, disfatte. Sono piccola. Sono immensa.
Sono l'unione di tutti i pezzi, la pelle, il cuore, la colla, l'anima. Sono l'energia di tutto l'amore che ho dentro, che viene da fuori, che si espande come l'Universo e si allarga e si allontana.
Io
sono Amore, credo. 

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