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Rubino celeste_ (caleido 9)

La lamina è nella parte più alta della roccia. È sottile, solida e tagliente e nell'impatto ha provocato un'incisione profonda, una ferita sana. La struttura della roccia è imponente: ha una base dal diametro ampio, che si stringe veloce con contorni frastagliati.
Sale, si stira verso il cielo con una punta sottile che si raccoglie e sfuma. La base, dal diametro irregolare, si è fatta spazio nel terreno con un'impronta che risale leggermente i fianchi e li abbraccia saldi.
La scaglia è il punto di luce, un frammento di cielo senza nuvole, che apre la strada ad un sottile rivolo denso e rosso. Una lacrima scarlatta che rotola tra le insenature irregolari della montagna, macchiando la roccia neutra del filo del coraggio: un guizzo irriverente che affronta il rigore del colosso; avanza nel suo cammino indifferente al borbottio del cuore roccioso. Si espone in tutto il suo piccolo esistere, consapevole che un semplice gesto può avere la meglio su di lei. Sa che la scaglia celeste non si è insidiata in quel punto a caso, arriva da percorsi antichi e non le permetterà di prosciugare il suo fluire scarlatto troppo velocemente.
Se le leccassimo, sentiremmo i cristalli dolci come frutta colare con la lacrima densa e il gelo frizzante della menta e dei pini, sprigionarsi dalla scheggia in cima al monte: colei che tiene la ferita aperta per far uscire, per fare entrare. La lacrima rossa scende sul versante, ignorata nel suo sacrificio totale.

Nessun suono fa vibrare l'aria attorno, l'atmosfera è impastata di sottili particelle chiare che si muovono leggere sfiorandosi, non fragili ma delicate. Quando incontrano la roccia si lasciano rotolare sui fianchi divertite. Sono una nube lenta, ordinata, elegante.
E fitta.
Un passo indietro, due, tre. La barriera di particelle si chiude, delicata ma spessa, diventa compatta. Le correnti esterne soffiano particelle in ogni direzione, un'esplosione scoordinata di energia. Lo scontro tra i venti è rumoroso, l'impatto effervescente. Scorgere la montagna e la sua solidità è impossibile, un vortice bianco scoraggia i sensi dello spirito distorcendo la visione, c'è un gran frastuono che compromette l'equilibrio.
Quando le particelle riescono a coordinare i loro movimenti sono in grado di modellare l'energia, la compongono in blocchi che, per brevi periodi, diventano dei solidi così fragili che dissolvono i loro confini nel vento che li accarezza. Ingordo di bellezza, il vento li tocca e li distrugge.

Ogni volta che succede la montagna ha un sussulto e la sua solidità si incrina, pietre rotolano a valle minacciando il cauto incedere della lacrima. Eppure nessuno sospende il suo compito: tutti lo portano avanti innescando una lotta tra corpi deboli. Ossessioni e paure si gettano le une sulle altre come catene che trafiggono la nube bianca da parte a parte senza risparmiare la roccia al suo interno. La macchina è stata messa in moto in un tempo dimenticato e in questo impasto di energie, c'è una fame che non può essere saziata, nel volersi dare un senso.  

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