Una volta è successo, la sorpresa è
stata tanta da portarsi via il fiato. I polmoni erano come svuotati,
e l'aria, prima di ritrovare la strada di casa, ha dovuto aspettare
che lo stupore le lasciasse il posto.
Ho scostato le tende nere con decisa
riluttanza, e per risposta la sala mi ha accolto con un abbraccio di
schermi, unica fonte di luce nello spazio buio.
A rendere The Visitors un titolo
azzeccato per l'opera di Ragnar Kjartansson, non è solo il
riferimento agli Abba, ma bensì la percezione che si viene a creare
di essere dei visitatori, o meglio degli ospiti all'interno di un
nucleo caldo e accogliente, quasi famigliare.
Una comunità che mette a disposizione
di tutti, noi compresi, la loro dote più raffinata, mescolandola con
una dose di sentimento, estetismo e tecnica.
Come risultato si percepisce un insieme
composto di singoli elementi ben distinti che, collaborando tra loro
in solitudine, non perdono compostezza ma arrivano alla fusione
totale.
Respirare ci mette in contatto con noi
stessi, non è una comunicazione con l'esterno, non è un atto
comune, ma un monologo interiore, a tu per tu con ogni parte di noi
stessi.
“Facendo musica insieme si crea la
società migliore” dice Ragnar
allora forse non è il respiro la vera
grandezza, ma la sua assenza:
restare senza fiato.
Commenti
Posta un commento