Eccola qui, riemerge dalla pulizia della scrivania. Con l'aura intonsa degli oggetti dimenticati: la
lista delle cose da fare durante le ferie, diligentemente compilata
durante i colpi di coda lavorativi, quando la mente è a metà tra lo
stoicismo e il letargo. Quando, ancora soggetti ad una routine
attiva, non ci si ricorda del potere fatale del divano.
Prima di realizzare di avere davanti
335 ore e non giorni di ferie, un anno (circa) concentrato in due settimane,
spese a rimodellare tutti i cuscini della casa secondo l'anatomia del
proprio corpo.
Ora, a diciassette ore dal ritorno in
ufficio, mi trovo faccia a faccia con questo elenco ordinato a cui
avevo affidato le speranze di vacanze produttive. Sembra quasi
guardarmi con un misto di rassegnazione e di tristezza, per averlo
sommerso e ignorato, oltre a non aver spuntato neanche una delle sue
voci.
Mi siedo pronta a sbobinare tutte le
ragioni che mi hanno portata a non adempiere al mio dovere di
vacanziera, a giustificare l'ennesimo abbandono estivo.
Ho appena affrontato le mie prime ferie
da adulta, in cui si devono dare delle priorità perchè non si hanno
a disposizione tre (o anche solo uno) mesi su cui spalmare mille cose
inutili ma emozionanti.
Nelle vacanze degli adulti si deve
comprimere e strizzare il riposo, accumularlo come una formichina,
per poi riesumarlo durante il resto dell'anno lavorativo.
Così ho provato a farlo anche io e,
incurante della lista di cose da fare, ho composto un accattivante
strato di libri sulla medesima scrivania, con l'obiettivo di leggerli
tutti, a costo di starci sopra giorno e notte.
Un piano perfetto, se non fosse che ogni tanto si fa ancora sentire qualche barlume di gioventù nelle vene che ti spinge ad
armarti di telefono e uscire la sera, bere un paio di cose buone e
poi organizzare, più verso l'amaro che all'aperitivo, una giornata
al volo al mare o in montagna.
Il mattino dopo sveglia all'alba (le
notti in bianco no, quelle ormai sono davvero troppo) e via, su navi
per mari che, io lo so...
Sui libri, sulla lista, sulla scrivania
si aggiungono strati di pranzi al sacco, costume, zaino, scarponcini,
creme.
In fondo il nostro precariato non ci
permette grandi viaggi quindi un giorno sull'altro si scava alla
ricerca di giornate diverse, costellate di persone, luoghi e novità.
Piccoli brividi di piacere e paura che
compensino l'idea confezionata di vacanze come periodi di esotiche
avventure. Tra un margarita e un gelato il sussidio per giovani
disperati che trema sul fondo di un conto bancario che racchiude la
vera essenza del vuoto, viene spazzato via.
Solo a quel punto realizzi che lo stare
a casa per risparmiare non funziona, ma genera una clemenza verso se
stessi che è molto dispendiosa.
Meglio darsi una regolata con le
scappatelle improvvisate, tanto casa di mamma e papà è vuota, loro
le ferie se le possono ancora permettere.
Sulle cianfrusaglie, i
libri, la lista, la scrivania, fanno la loro comparsa i surgelati e i
vecchi amori, che stando per un po' in terra natia, si ripresentano
alla porta con fiori, sorrisi e tutti i sedici anni abbandonati da
almeno dieci anni.
Alla scrivania iniziano ad incrinarsi
le gambe, ma queste ferie sono troppo brevi per prestarci attenzione,
buttiamoci sopra messaggi romantici, infinite prove vestito per
momenti imprevisti (in cui si cerca qualcosa che copra i primi segni
dell'età ma che al momento giusto e con la quantità adeguata di
buio, si riveli facile da togliere. Anche se non succede quasi mai).
Un solo proposito non è ancora stato
abbandonato dall'inizio delle ferie: ogni istante libero deve essere
dedicato al sonno. Insaziabilmente.
L'ultima mattina, rispettosi delle
regole, ci si concede un rotolamento infinito tra lenzuola fresche,
per poi rendersi conto, all'ultima rotazione carpiata, della montagna
che svetta sulla scrivania e si realizza, sempre più adolescenti, il
panico dell'imminente rientro genitoriale.
Tra lo stiracchiamento di zampe e il
caffè si fa ripartire la colonna sonora delle ultime due settimane
e, con il comando di loop, si iniziano i grandi restauri.
Eccola, ancora con nei polmoni il
sospiro di sollievo di termine pulizie, compare lei, la dimenticata
lista sulla scrivania.
La rassegnazione avvolge le spalle
spingendole mezzo centimetro in più verso il basso.
L'unica soluzione è prendere il
calendario in cerca delle prossime ferie: sono così lontane che per
allora avrò cambiato almeno tre lavori (che ovviamente non le
prevedono) e vissuto in cinque stati diversi, il tutto inseguendo
questa entità misteriosa chiamata contratto.
Quindi la mia lista di cose non fatte adesso profuma di ribellione: per una volta ho tra le mani un pezzo di carta che dettava regole e doveri e io non mi sono fatta sottomettere, anzi le ho dimenticate tutte.
Mi sembra un potente atto sovversivo
commesso in sole 335 ore. Terrò la Lista come ricordo e la userò per
raccontare ai nipoti di qualcun altro (i topi non avevano nipoti, ma
figli sì. E io non sono un topo) tutta la carica rivoluzionaria
della mia generazione e di come l'abbiamo espressa nel passaggio tra
la giovinezza e l'età adulta.
Saranno momenti di gloria.
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