La casa ha tre piani. In soffitta c'è
la camera da letto dove adesso fa caldo, devono mettere i ventilatori
e il bagno, con lo specchio da cui ogni tanto riesco ancora ad
entrare.
Le scale a scendere sono del marmo
degli anni miei, con una parete forata due volte al fondo: doppia
porta con la ringhiera in mezzo. Non si passa se non entrando al
primo piano e riuscendo, come un gioco per bambini. Dietro la porta c'è il corridoio
su cui si affacciano: la sala da pranzo, che nessuno ha mai usato come si fa nelle case di tutto rispetto; il salone e la
cucina, l'unica stanza che non confina con il corridoio.
In fondo altre due camere e il bagno,
una delle camere è la mia e infatti nessuno la usa.
Dalla seconda porta divisa da ringhiera
si scende sotto in cantina, garage e tutti gli oggetti che sopra non
servono. E neanche sotto servono. Io mi sento ancora utile quindi ci
vado poco lì sotto, i miei passi fanno troppo poco rumore e mi
sembra di perdere il controllo sul resto della casa. Basta scendere
una rampa che tutte le creature del piano di sopra si scatenano e
danno il via ad una festa e a me non sta bene.
Faccio lo stesso giro ancora due volte,
in casa non c'è nessuno e neanche in giardino: è molto bello,
piccolo ma curato e si raccoglie tutto intorno come una coroncina.
Mi piace stare qui perchè ogni
presenza ha un corpo e tutto è pesante. Ogni oggetto ha tracciato i
solchi della sua esistenza, ha assorbito la porzione di tempo che lo
riguarda, e non so se lo sapete ma il tempo ha un elevato peso
specifico. Infatti ci schiaccia tutti.
I libri lo hanno preso dalle mani di
chi li leggeva, i pupazzi dai bambini che ora sono vecchi, i vetri
dai raggi di sole che li trapassavano e tutti se lo sono tenuti fino
a non potere più essere mossi: nessuno è così forte, per quanto si
alleni a sollevare pesi.
Cammino per casa passando le dita su
ogni cosa, con le unghie stacco le scaglie di tempo secco e poi le
soffio sul pavimento. Forse è anche per questo che nessuno sta mai
in casa.
Dentro lo specchio ho un segreto: lo
tengo lì perchè spero non diventi pesante, ci sto lavorando da un
po' e quando sarà finito lo regalerò subito, perchè non è qui che
deve stare.
Mentre mi annoiavo tra le stanze ho
iniziato rubacchiare pezzetti di filo, cordini e straccetti. Mi
sembravano soli messi lì dove li trovavo e un po' per
volta ho iniziato a portarli di sopra o in camera, nascosti. Ogni tanto mi sembra
di ricordare di essere stata capace di ricamare, ma non ne sono
troppo sicura, quindi mi sono messa a intrecciare. Lego tutti i pezzi
insieme in una corda lunga lunga, sottile sottile. Da ogni filo estraggo un solo filamento e lo annodo piano a quello successivo. Sta
venendo una gran bella corda.
È così fine perchè, a differenza del
resto dovrà uscire e salire in alto, verso il cielo, le stelle, la
luna.
Mi capita spesso di parlarci con loro
in effetti, ma è stata proprio la luna a spiegarmi cosa devo fare:
mi ha detto che se la raggiungo e la porto a fare un giro, lei
soffierà su tutta la polvere di tempo che c'è in giro e io potrò
smettere di girare sopra e sotto, sotto e sopra.
Il mio piano è semplice: se io lancio
il cordino e la luna lo prende, allora uscirò a fare una passeggiata
e lei verrà con me, come un palloncino con il bambino. Poi magari
non torno, ma lei ha detto di essere una di parola e metterà le cose
a posto.
Capisco che sembra tutto strano ma io
non ho mai imparato a dire le bugie: è tutto vero e lo so ogni volta
che un pezzo di tetto crolla sotto il peso del passato, trascinandosi
via il presente. C'è una bella storia in cui succede la stessa cosa
perchè nessuno sa più sognare e immaginare, allora il mondo
scompare e diventa nero, fino all'ultimo luccichio, quello della
luna. Per questo so che la perla del cielo è la destinazione finale
e appena si alzerà il vento, lascerò partire il filo.
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