C'era una volta, una volta non
c'era, è un modo di dire antico che nei secoli ha perso un pezzo
per strada. Simboleggiava l'inizio di una storia che forse era stata
così, ma forse no. Una storia che non andava ascoltata solo per
quello che era ma anche per quello che avrebbe potuto essere.
C'era una volta, una volta non c'era,
un ragazzo che aveva l'anima antica. Era una bella persona ma a
tratti anche molto normale, non era esentato da nessun grande difetto
dell'uomo, però gli era stato dato un dono. Grazie alla sua anima
antica infatti sapeva aspettare.
Anche lui veniva travolto dalle
correnti dell'ansia e della fretta, ma un'àncora lo teneva saldo al
suolo dandogli la possibilità di mantenere il suo passo, senza farsi
trascinare dall'apprensione o tentare di correre contro corrente.
Intorno a lui aveva amici che si
muovevano rapidi, ogni tanto allungavano una mano e si aggrappavano
come ad una roccia, per poi scivolare via sentendosi migliori, più
avanti e con più esperienze. Il ragazzo con l'anima antica li
lasciava fare, il tempo in lui era scandito come sui tasti del
pianoforte e sapeva che qualcuno, da qualche parte, stava suonando la
sua stessa melodia.
C'era solo un problema a cui non sapeva
come rimediare: nessuno all'esterno poteva sentire la sinfonia
altrui. Per percepirla c'era bisogno di qualcos'altro che però non
veniva insegnato da nessuno e a nessuno, nonostante fosse l'unico
modo per trovare la persona giusta. L'anima della vita.
Il ragazzo sapeva tutto questo e
cercava di non farsi prendere dal panico: lui tendeva le orecchie e
continuava a camminare. Nella sua anima antica sentiva che al momento
giusto avrebbe capito, come un'arte.
Passavano gli anni e tutti sembravano
sentire decine di melodie, i suoi amici saltellavano da una all'altra
voraci e rapidi, ma presto annoiati. Lui continuava a cercare: ogni
tanto lo prendevano in giro ma lui ricambiava sempre con il sorriso
della ragione.
Un giorno il ragazzo dovette andare in
terre sconosciute per portare a termine una missione. Mentre
soggiornava in quei luoghi lo avvicinò una giovane che sembrava
essere fatta solo del suo sorriso. Gli si rivolse con garbo per
mostrargli una gallina in un cesto accanto a sé.
Era un bel pennuto: il manto nero era
un mosaico di piume soffici dalle quali sbucavano la testa e un becco
rosso squillante. Era di taglia piccola, il ragazzo avrebbe potuto
stringerla con una mano, ma sembrava molto tranquilla.
La giovane continuava a sorridere
invitandolo a prendere la gallina, così da capire l'unicità
dell'esemplare e delle cure di cui aveva bisogno. Il ragazzo era
titubante perchè non aveva bisogno della gallina, ma la pacatezza
dei modi di lei lo spinsero ad infilare la mano nel cesto e, mentre
soppesava la gallina, la giovane iniziò a raccontare.
Parlava della storia del cuore delle
galline e del fatto che batte lento, in costante balletto tra la vita
e la morte, ma sempre consapevole di quello che deve fare.
Mentre lei parlava lui sentiva: sentiva
il battito lento, infinitesimale del cuore sotto il piumaggio scuro.
Gli ricordava il vento, la primavera, l'acqua calda, i soffioni, le
carezze, il mare, un sorriso.
Il suo. La sua melodia.
Quando si capisce qualcosa davvero, in
maniera profonda e limpida, si avverte un dolore. È la fitta
provocata dalla consapevolezza di dover fare una scelta: impossibile
tornare indietro ma nell'avanzare si deve sacrificare qualcosa.
Ricevere un dono, anche il più grande che ci sia, prevede il fargli
spazio e lasciare andare qualcos'altro, che prima ci apparteneva.
Questo il ragazzo lo sapeva bene, ma sapeva anche che per ascoltare
la melodia di lei all'infinito insieme alla sua, sarebbe dovuto
partire, lasciare la corrente che conosceva e spostarsi in un'altra
fatta di loro e di quel mondo nuovo.
Il ragazzo con l'anima antica posa la
gallina nel cesto e alza gli occhi, trovando quelli di lei,
lentamente le sorride.
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