Ho sentito da lontano il richiamo delle
cicale. Ho preso niente e sono partita verso un modo diverso di
sentir muovere il cuore. Come spesso sono i viaggi, anche questo è
in salita e verso sud; al primo bivio è iniziato il bosco basso e
fresco, con le indicazioni tra le macchie di muschio.
Man mano che salgo la radio che mi urla
nella testa inizia ad avere problemi di ricezione e dopo un breve
gracchiare, si ammutolisce: con il silenzio esito, nella luce ambra
che resta intrappolata nelle fronde e diventa smeraldo.
Con il passo bloccato a mezz'aria mi
raggiunge un rullare di pietre che franano, mi accorgo, sotto gli
zoccoli di un cervo. Me lo trovo accanto che avanza sulla mia stessa
via, “ciao” dice delicato.
La “piccola me” dentro la testa
ritrova la voce e si mette a urlare, saltare, girare come una pazza,
mentre quella fuori sfoggia magnifica compostezza “Salve. Dove sta
andando?”.
Gli scappa un sorriso come se riuscisse
a vedere la piccola me che strilla nella grotta del cranio, poi mi
dice che sperava di trovarmi lì e che sta andando dalle cicale.
Certo, niente di più ovvio, è
probabile che io abbia già incontrato un cervo parlante e che non me
lo ricordi. Sotterro il mio sgomento e riprendo il passo interrotto,
con lui accanto.
Camminiamo, chiacchieriamo e nel
frattempo torco gli occhi per studiarlo nel suo zampettare leggero,
costante e ripetitivo sulla terra. Mi sono sempre immaginata i cervi
come animali sontuosi ma lui spande energia frizzante, i nervi gli si
contraggono rapidi come se dovesse tenerli sempre sotto controllo,
però ha una voce calda e pacata che ti fa venire voglia di
impacchettare la tua vita e regalargliela. Mi accorgo che a
differenza del bosco che sta diventando più fitto e scuro, lui
mantiene una luminosità costante, come se avesse mangiato una
lampadina che lo irradia dalla pancia: il suo equilibrio è dato dal
continuo frullare dell'energia che lo attraversa. Inizio a provare
piacere nel camminargli accanto.
Ricavare tutte queste informazioni
interferisce con la mia capacità di ascolto e infatti non ho colto
la metà delle cose che mi ha detto, se non forse che sta arrivando
qualcuno, però non so.
“Una valanga!” è l'unica cosa che
riesco a pensare mentre chiudo gli occhi davanti al turbine che ci
corre in contro, io sono pronta ad accettare eroicamente il mio
destino. Nei cinque secondi di totale silenzio che seguono percepisco
crescere l'imbarazzo, come una bella piantina. Sollevo una palpebra
per vedere che aspetto ha il paradiso e mi trovo quattro occhi che mi
fissano, sconcertati e divertiti: due, neanche a dirlo, sono del
cervo e due sono grandi, pelosi e profondi fino a perdersi. Non era
una valanga era un orso e se non ha ancora ancora mangiato il cervo
allora forse non mangia neanche me. Dico “ciao” e lui grugnisce,
ma almeno abbiamo rotto il ghiaccio.
Riprendiamo la marcia e per cercare di
capirci qualcosa rallento e metto un passo tra me e loro.
L'orso me lo sono sempre immaginata
goffo e invece lui è solido, ogni zampata va esattamente dove deve
andare e la precisione del gesto sembra renderlo elegante. La materia
è attratta da lui e la terra gli parla, accarezzandolo con fili
d'erba al suo passaggio; se non fosse per la massa ispida che lo
ricopre potrei definirlo quasi indifeso. Cervo gli sta accanto
saltellante e sembra ridere d'amore per questo macigno peloso che ha
un'ombra scura e densa, che solo chi ha tempo saprebbe accarezzare.
Stiamo andando tutti alle cicale e io
sto iniziando a divertirmi: capisco una parola ogni dieci ma c'è
nell'aria un buon sapore e la notte che è arrivata non fa paura se
sei con animali e spiriti.
Orso crea il riparo, confortevole e
soffice, con pochi tocchi di zampa e cervo rilascia filamenti
luminosi nell'aria che ci scaldano e rilassano. Io ammiro sbalordita
e cerco il nutrimento.
L'alba ci trova attivi perchè il canto
delle cicale è più vicino e i nostri cuori stanno cambiando il
ritmo, abbiamo voglia di proseguire.
A metà giornata iniziamo ad essere
stanchi ma prima che arrivi lo sconforto, il sentiero si apre su una
radura e lì, nel cielo, ci aspetta un falco leggero.
Non riesco a vederlo bene, mi sembra
che abbia i contorni sfumati nelle nuvole ed è sfuggente allo
sguardo, al suono. Orso e cervo invece saltellano e grugniscono
felici, ad ogni volteggio sembrano lasciar cadere anni di vita; il
falco si abbassa su di noi e la luce del giorno cambia ancora, assume
un azzurro fresco e tranquillo, che ci disseta e rinfresca tutti.
Una volta atterrato mi attraversa con
uno sguardo veloce, non faccio in tempo a leggere nulla e mi sento di
troppo. Ancora una volta metto un passo di distanza e più avanziamo
verso le cicale più li sento rilassarsi, come se nel riunirsi
avessero trovato l'andatura giusta, il giusto sguardo sul mondo e io
ne approfitto per vederne qualche scorcio. Un gran bel regalo quello
che mi fanno.
Nella luce del crepuscolo io mi studio
il falco che a differenza degli altri due, contraccambia l'analisi e
mi scappano risolini di disagio: solitamente siamo io e la piccola me
nella testa ad analizzare tutto, non sono abituata ad essere scrutata
ma lo capisco, saremo insieme per un pezzo di viaggio e vuole essere
sicuro della compagnia. Comunque credo di essere ok perché allenta
la presa anche se ancora non mi concede sorrisi.
Ogni passo è uno spasso perchè ogni
decisione richiede quindici decisioni: quando sembrano aver deciso
cosa ecco che si ricomincia da capo, come se le parole precedenti non
fossero mai state spese. Ciò che sembrava funzionare viene rimesso
in discussione e ogni bivio è una seduta parlamentare con la Natura
a giudice supremo. “Non dobbiamo mai farci bastare le cose per
quello che sono” mi dicono, ogni millimetro esiste per rimettere in
discussione il precedente e cambiarne la prospettiva. Io, che ho
fame, penso all'albume, lo zucchero e il calore che si amalgamano e fanno una meringa, fragrante.
Dicono di essere ognuno l'espansione
dell'altro, ognuno è “uno”, insieme sono “tre” ma è come se
fossero un “uno gigante”, divino. E ognuno di loro lo pensa degli
altri. Quasi che io e la piccola me non riusciamo a capirlo.
Ai nostri piedi adesso si apre la
grande valle delle cicale: mentre ridiamo con le stelle decidiamo di
separarci. Sappiamo la direzione, la nostra meta comune è lì e
ognuno ha dei compiti precisi da svolgere, ma la via sarà diversa
per ciascuno. Orso ha impervie vette da affrontare, cervo deve
trottare in pianura dove lo aspettano degli altri, falco ha il cielo
e io ho ancora tanta strada.
Rompiamo l'incantesimo che ha il suono
del cristallo e teniamo il cuore sulla frequenza delle cicale: ci
vediamo a destinazione.
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