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Visualizzazione dei post da gennaio, 2015

Cotanta bellezza_

Nella nostra quotidianità il senso che usiamo più frequentemente è la vista. Ci fidiamo ciecamente dei nostri occhi e lasciamo loro facoltà di giudizio: aspetto, superficialità e prima impressione sono il pane quotidiano attorno a cui abbiamo costruito società e mentalità, curando il nostro aspetto con dettagli carichi di silente significato. Generalizzo dicendo che tutto passa attraverso la vista perché non mi sento di spendere parole di critica minuziosa su questo, ma voglio invece fare un elogio a quello che i miei occhi mi stanno permettendo di vedere. Gli indiani sono un popolo bellissimo e in modo particolare lo sono ragazzi: semplici, profondi, mozzafiato. Partiamo dai loro di occhi: scuri e intensi, sempre molto grandi o con un taglio orientale che riporta all'immaginario dell'infanzia. Sono l'incarnazione del tanto agognato principe azzurro ma in una versione migliorata, senza colori pastello dai toni vezzosi si trasformano in cavalieri dalle armature d'or

Senza giudizio_

Ho assistito alle conseguenze dell'amore sbagliato. Ho assistito ma non ho guardato, perché l'aria racchiude tutta la carica emotiva sufficiente per scuotere l'anima, senza bisogno di ricorrere agli occhi per soddisfare curiosità ignoranti. Tutto ciò che ho visto è stata una precisa porzione di terra difronte a me, piccoli piedi veloci e, per un instante, il viso sconvolto dal pianto di una bambina. Tutto più che sufficiente perché intorno a me il dolore e la rabbia saturavano ogni centimetro, fino ad avvolgermi, penetrarmi, comprimermi. Ho sfoderato la mia corazza migliore, il sangue più freddo che possiedo e ho provato a smettere di sentire, ma la voce delle persone, se lanciata nell'aria senza impostazioni, si trasforma in un grido ancestrale che rivolta dall'interno. Non si serve dell'orecchio per farsi sentire, punta dritta allo stomaco e vi esplode: una disperazione così sincera da racchiudere tutte le ingiustizie del mondo; una rabbia distillata fino

Senza troppi giri_

Lo ammetto, sto volontariamente scrivendo pezzi vaghi e fumosi, con parole carine accostate tra loro e punteggiatura varia: sto cercando di proteggere quello che sto vivendo. Amo le parole ma sono anche convinta che non si possa affidare loro qualunque cosa. Capita che la danneggino, per quanto magistralmente usate, non sempre rendono giustizia fino in fondo all'evento narrato, facendogli perdere l'aura speciale. Quindi si, sto tergiversando e inventando perché nel mondo della fantasia non posso sciupare nulla, solo creare del nuovo. Prima di allontanarmi nuovamente dal punto centrale della questione, direi che è doveroso narrare qualche evento concreto su ciò che sta accadendo qui, perché saremo anche in India ma si lavora sodo! I giorni corrono senza riuscire a stargli dietro, quindi la cronologia non è delle più esatte ma fatti e persone sono reali e attuali. La giornata tipo inizia presto (almeno per me, ma non crediamo nelle sveglie) e verso le 6.30 mi godo le prime l

Una bolla a galla_

(Mi scuso per eventuali presenti e future imprecisioni e errori, scrivere da qui è complicato) Una bolla a galla. Il silenzio inizia con il rullo dei motori, la corsa sul cemento e il brivido dello stacco da terra, come a teatro quando le luci si abbassano e il sipario lentamente si dischiude. In quel momento la tensione vibra potente e accoglie gli ultimi muti respiri che anticipano l'aprirsi delle danze. Per quante volte io possa fare su e giù dal cielo, arriva sempre il momento in cui la pressione si accanisce sulle mie orecchie, limitando di molto il mio udito per un prolungato periodo. Durante l'ovattata solitudine del viaggio ho iniziato a percepire il mutare dello scorrere del tempo, un lento sfaldamento che si sposa alla perfezione con la lontananza dal mondo reale che l'assenza di suoni mi provoca. Il silenzio e il tempo sono i primi due ballerini che compaiono alle spalle del sipario e rompono, insieme all'orchestra, la tensione che si era generata. Si

Qualunque Mente_

Ammettiamolo, il pezzo dall'aeroporto non poteva mancare. Non faccio la sostenuta, adoro lasciarmi trasportare dalle ovvietà: alto, tarchiata, indeciso, bambino, commessa, riccona con figlio sfigato, ragazzobellissimotipregodimmidovestaiandandochevengoconte... Questa, ad esempio, è la fauna umana che negli ultimi dieci secondi é passata davanti alla mia postazione su ampia seggiola in acciaio, che costella uno dei luminosi e ampi corridoi aeroportuali.  Qui dentro é racchiuso tutto lo stereotipo del genere umano, come un'enciclopedia formato 1:1. È sempre qui capisco chi ha desiderato per primo la capacitá di leggere nella mente della gente che ti passa accanto (oppure, come nel mio caso, il potere di far star zitta la vecchia agitata e bisbetica che mi si é seduta accanto, insieme al suo branco di vegliardi over 70...in questi momenti non mi trovo totalmente d'accordo con l'allungamento della durata della vita).  Comunque non possedendo nessuno di questi super