Ammettiamolo, il pezzo dall'aeroporto non poteva mancare.
Non faccio la sostenuta, adoro lasciarmi trasportare dalle ovvietà: alto, tarchiata, indeciso, bambino, commessa, riccona con figlio sfigato, ragazzobellissimotipregodimmidovestaiandandochevengoconte... Questa, ad esempio, è la fauna umana che negli ultimi dieci secondi é passata davanti alla mia postazione su ampia seggiola in acciaio, che costella uno dei luminosi e ampi corridoi aeroportuali.
Qui dentro é racchiuso tutto lo stereotipo del genere umano, come un'enciclopedia formato 1:1. È sempre qui capisco chi ha desiderato per primo la capacitá di leggere nella mente della gente che ti passa accanto (oppure, come nel mio caso, il potere di far star zitta la vecchia agitata e bisbetica che mi si é seduta accanto, insieme al suo branco di vegliardi over 70...in questi momenti non mi trovo totalmente d'accordo con l'allungamento della durata della vita).
Comunque non possedendo nessuno di questi super poteri, mi limito ad osservare le pagine di una enciclopedia tridimensionale:
Lettera I: noi italiani non dovremmo decisamente viaggiare, siamo rumorosi, imbarazzanti, fuori luogo, maldestri e finemente maleducati. Insomma siamo adorabili, ma a casa nostra.
Lettera D: il colmo di doversi aggiustare gli occhiali da soli? Che devi compiere uno sforzo grandissimo per vedere ciò che ti permette di vedere. L'ho spiegato male, ma è una buona metafora per la vita e per il viaggio.
Lettera P: tutto ciò che vediamo o sembriamo non è altro che un sogno in un sogno.
Lettera A: cosa vuol dire tutto questo? Che la gente mi reputa più intelligente di quanto io non sia in realtà e mi regala perle di saggezza, che io al massimo posso scambiare per caramelle e mangiarmele!
E infine il vero dubbio: la definizione "il vicino mi vomita nuovamente addosso" andrà sotto la lettera S(si,sei sfortunatamente sfigata) o di F(fantasticamente fortunata)?
La risposta dal'altra parte del mondo.
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