Passa ai contenuti principali

Cotanta bellezza_

Nella nostra quotidianità il senso che usiamo più frequentemente è la vista. Ci fidiamo ciecamente dei nostri occhi e lasciamo loro facoltà di giudizio: aspetto, superficialità e prima impressione sono il pane quotidiano attorno a cui abbiamo costruito società e mentalità, curando il nostro aspetto con dettagli carichi di silente significato.
Generalizzo dicendo che tutto passa attraverso la vista perché non mi sento di spendere parole di critica minuziosa su questo, ma voglio invece fare un elogio a quello che i miei occhi mi stanno permettendo di vedere.

Gli indiani sono un popolo bellissimo e in modo particolare lo sono ragazzi: semplici, profondi, mozzafiato.
Partiamo dai loro di occhi: scuri e intensi, sempre molto grandi o con un taglio orientale che riporta all'immaginario dell'infanzia. Sono l'incarnazione del tanto agognato principe azzurro ma in una versione migliorata, senza colori pastello dai toni vezzosi si trasformano in cavalieri dalle armature d'oro e d'argento che cavalcano bolidi rombanti, incuranti delle avverse condizioni dell'asfalto.
Fisici atletici, asciutti ma muscolosi, con le mani più belle che io abbia mai visto. Palmo e indice in perfetta proporzione, unghie curate ma vene piene di duro lavoro.
I piedi non sono da meno, nonostante le immancabili infradito, fanno invidia a quelle padelle pelose e unghiose del ragazzo medio occidentale. I piedi degli indiani sono forgiati dalla terra da cui non perdono mai il contato, scuri e agili si allungano in caviglie sottili e nervose.
Ma torniamo agli occhi, pozzi neri incorniciati da lunghe e folte ciglia, zigomi alti e pronunciati ma senza tratti tesi o nervosi. I nasi solitamente accompagnano questa armonia verso labbra carnose e mandibole squadrate, colli affusolati e spalle solide, senza eccessi di palestra sopra.
Non mi sono fatta sfuggire niente, ogni giorno li osservo con l'occhio vigile e curioso della studiosa e finisco con il rispondere ai loro brillanti sorrisi.

Non nego che il Tamarro Vero qui va molto di moda: tagli di capelli e vestiario lasciano decisamente perplessi (outfit del giorno: calzino a righe bicolor fino al ginocchio, pantaloncino arancione e magliettaombelicoalvento), ma son dettagli su cui si può sorvolare perché compensati da modi gentili ed estenuantemente romantici. Ricoprono con naturalezza il ruolo dell'uomo protettivo e premuroso che ti porge la mano se il gradino è troppo alto, asseconda il tuo passo nelle cammianate, sussurra canzoni e intrattiene con lunghe conversazioni. Possiedono un'innocenza che noi perdiamo all'asilo e ridono imbarazzati alle battutine sconce.
Li osservo ammirata.

Per limitare la mia superficialità, mi sono dilungata in ulteriori osservazioni e credo di aver compreso il motivo di tale galanteria: il matrimonio ricopre per tutti loro un evento fondamentale e, prima di questo, la relazione con il sesso opposto è quasi inesistente. L'approccio quindi si trasforma in qualcosa di delicato anche nell'amicizia e, come loro stessi mi hanno spiegato, anche solo lo sfiorarsi di due mani diventa un gesto significativo.
Altri pesi altre misure, che permettono ad un piccolo iceberg come me di tornare all'età emotiva di quindici anni e di crogiolarmi in affetti innocenti, delicati e soprattutto risanatori.
L'aggressività che solitamente mi contraddistingue non trova spazio qui, sarebbe come urlare contro un fiore che finirei per spezzare.

La mia anima occidentale si fa sopraffare solo a spazzi, rimane chiara in me la reale situazione di disparità tra generi che regna sovrana e dolorosa (in un paio di occasioni ha coinvolto anche noi). Questo, come gli altri racconti, sono dedicati a tutte le sfumature che si susseguono in questo viaggio, in quanto sono loro a renderlo formativo e  speciale.
Non sono però un tentativo di nascondere i problemi di questa terra complicata sotto una polvere dorata di cliché, ma la volontà di sospendere il giudizio, di non sottomettere i miei pensieri al dualismo occidentale giusto-sbagliato, bello-brutto, buono-cattivo.
Questo è un grande limite che spero di aver dimenticato a casa.

Commenti