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Fuochi volanti_

Per tutto il giorno non faccio altro che aspettare l'arrivo della sera, annunciata dal tuffo del sole arancio dietro gli alberi della foresta. Rimango in attesa del buio perché porta con se un alito fresco necessario in queste giornate in cui sudano anche i polmoni, per il caldo che impregna l'aria.
Ho scoperto che il posto in cui incontro prima di tutti la sera e il fresco, è il tavolo di legno sul retro della casa: mi arrampico sulla panchina e, nell'attesa, combatto contro zanzare di ogni forma e dimensione.
Quando finalmente il cielo sfodera gli abissi il prato circostante compie un profondo respiro, le cicale iniziano il loro canto d'amore e le lucciole si alzano in volo creando costellazioni che si mescolano con il cielo.

Nei rari momenti in cui riesco a fuggire dalla nuvola di indiani che sempre ci avvolge (ma è un'illusione anche questa solitudine, perché sanno sempre dove sei, con chi sei e cosa fai), lascio che la mia mente si svuoti e riprenda i suoi spazi. La cosa più sorprendente del fare questo è la quantità di ricordi dimenticati che tornano in superficie, come il cinema all'aperto di quando ero bambina dove ho visto per la prima volta Pomodori Verdi Fritti, divorata dalla gioia, dalle zanzare e guidata dalle lucciole.
In questo stato di suggestione emotiva e mentale sono stata travolta da un'illuminazione di cui ora, ovviamente, renderò tutti partecipi, come quando a Natale si fanno recitare le poesie a memoria ai nipotini balbuzienti.

Rannicchiata nella luce della luna cerco di rilassare le tempie, di lasciar scorrere via tutto quello che di inutile mi è rimasto addosso al termine della giornata, per capire che stato d'animo porto nel mio sonno. Dal basso, lentamente, è venuta a galla una sensazione di calma calda e soddisfatta, una pacatezza d'animo tale che mi ha sorpreso: io tendo ad agitarmi, divento rossa, impreco e compenso con un controllo maniacale delle cose della vita, quindi da dove viene tutta questa tranquillità?
Ed ecco la folgorazione precedentemente annunciata: guardando le lucciole che a intermittenza decorano il buio frusciare, mi viene in mente che, pochi giorni fa, ho scoperto che in inglese si chiamano "firefly". Tutto qui, niente di speciale, però ho sentito una connessione tra la mia tranquillità e questa nuova nozione acquisita (parentesi per precisare che: sì, riconosco la scarsità del mio vocabolario inglese e sì, ho un sacco di tempo a disposizione per spenderlo costruendo riflessioni con gli occhi piantati nel vuoto. Non per niente ho scelto di viaggiare in India. Per esempio sono tre giorni che sto provando a finire queste poche righe ma vengo costantemente interrotta e coinvolta in altre attività, perdendo filo del discorso e della giornata).

Io sto imparando, questa è la connessione tra le lucciole e la tranquillità. Il costante apprendimento è parte integrante dell'essere umano, ne abbiamo bisogno tanto quanto respirare e mangiare. Se smettiamo di apprendere ci indeboliamo, appassiamo come fiori senza sole e perdiamo i confini della nostra persona.
Le giornate sono un susseguirsi di cose nuove che, oltre a procurarmi un considerevole numero di figuracce, mi hanno insegnato che Platone e Dante non sono le uniche cose inutili da sapere nelle vita.
Oltre al delicato nome delle lucciole, ho imparato che i pipistrelli non hanno le ali attaccate tra loro come gli altri volatili, motivo per cui hanno questo incedere apparentemente instabile, che però permette loro maggiore mobilità.
Invece i gechi, oltre ad essere invadenti, produco un verso fastidioso e acuto, soprattutto nel cuore della notte, possibilmente mentre mi sto addormentando.
Ho imparato che se provi a cucinare le banane piccole, queste diventano come intonaco sul palato.
Sto imparando a convivere con un caldo umido e a vedere quante punture di zanzara un corpo umano può sopportare.
Cerco di assimilare una lingua nuova per imparare a comunicare meglio, ma l'unica parola che ricordo per il momento è "bhälo", che vuol dire un pò tutto ma letteralmente è "bello" (ed è abbastanza inutile nelle conversazioni).
Ho sentito la scarica di adrenalina portata dall'andare in bici per le strade indiane, dove devi disimparare tutte le regole del codice stradale, perché qui vige la legge del più veloce e rumoroso (personale teoria sul perché gli indiani suonano ininterrottamente il clacson: a differenza di noi non lo usano per insultarsi, ma bensì per rendere tutti partecipi del fatto che loro esistono a questo mondo e, nello specifico, ti stanno passando accanto a velocità sostenuta).
Ho provato a mangiare cipolla cruda a colazione, ma poi ho deciso che questo non lo voglio imparare.

  

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