Se dovessi ancora portare le
giustifiche a scuola per i ritardi, la compilerei in questo modo:
il soggetto ventenne post università
non è in grado di gestire le prime “cose serie” che la vita gli
mette davanti (lavoro-a singhiozzo se sei fortunato, soldi-un giorno
arriveranno, puntualità-prima non mi serviva, responsabilità- xanax
a garganella) e si trasforma in un essere arruffato, scostante e
privo di qualunque rispetto delle scadenze.
Come immagine userei quella di un
bambinetto dalle cosce grassocce che barcolla a braccia tese verso la
mamma e, momento di pura ilarità, finisce per schiantarsi faccia a
terra a due centimetri dall'arrivo.
Fine della premessa.
C'è una storia che sto seguendo da
tempo ma che fino ad oggi non ho mai raccontato, troppo gelosa per
lasciarla andare. Durante l'ultima puntata però, la storia si è
dimostrata così adulta e formata che sarebbe ingiusto continuare a
tenerla nel taschino.
Avete presente l'ordine? Quello
maniacale, quello personale, quello confusionale. Ci sono infiniti
modi di viverlo e mettere tutti d'accordo è praticamente
impossibile.
A meno che dall'ordine non si riesca a
raggiungere l'equilibrio, allora si passa dalla quotidianità
all'arte. Nell'equilibrio lo spazio esplode, si mantiene uno
smembrandosi in tanti piccoli frammenti, tutti sulla scena come
protagonisti e parti dell'insieme.
Spiegarlo senza ingarbugliarsi
nei pensieri diventa difficile, perchè gli elementi che formano
l'immagine rimangono tutti a fuoco nello stesso istante e d'istinto
si trattiene il fiato, quindi bisognerebbe provarlo più che
parlarne.
A me, scioccamente, viene in mente
Amelié e il suo piacere di infilare la mano nei sacchi di legumi, il
brivido del fresco scorrere di decine di semi tra le dita, ecco la
sensazione che provoca l'equilibrio: silenziosa e personale.
Nonostante credo manchi poco, non ho
ancora avuto nessuna apparizione divina, ciò di cui sto raccontando
ho avuto modo di vederlo alla mostra di un gruppo di cinque artisti,
SpaziEnne, che hanno trovato un punto di incontro nelle loro visioni
del mondo e hanno riposto nella geometria la sua traduzione.
N_SET, Sistema Espositivo Tele-Visibile
(lasciamo perdere la complessità di titoli e testi) è l'ultimo di
una serie di inserimenti nello spazio, loro campo di gioco e
supermercato preferito. Quarantuno opere d'arte, realizzate da cinque
teste differenti per mezzo di centinaia di pezzi di recupero raccolti
in un arco indefinito di tempo. La quantità di elementi
nell'equazione è elevata e complessa, eppure il principio della
sintesi si impossessa di ogni elemento, mangiandolo fino all'osso.
La geometria si fa danza, saziando il
vuoto di uno spazio nudo. La sinuosità delle gocce di pioggia
sull'asfalto oliato, il distacco delle reti di recinzione, il timore
delle travi da impalcatura e l'anonimato dei pannelli di compensato:
tutto ciò che nella città viene messo al margine qui torna al
centro della scena, letteralmente sotto l'occhio dei riflettori e
della telecamera.
Non mi basta, io sono una romantica e
queste forme asciutte, nell'attimo senza respiro, possono sembrare
lontane. Mi sono seduta di fronte a loro e ho visto i giganti
rocchetti di filo dei topolini di Cenerentola, i giochi con i cubetti
da spostare che non sono mai riuscita a risolvere, storie d'amore che
sono coltelli, segreti e piaceri. Quello che era fisico diventa
fluido, ciò che era uno diventa mille, in una convivenza senza
pretese ma di duro lavoro, con infinite possibilità di pensiero,
fino all'inaspettato equilibrio.
Sembra bello vero? Se pensavate di
essere artisti perchè riordinate in modo maniacale le mutande nel
vostro cassetto, dovrete ricredervi.
L'equilibrio delle forme nello spazio è
una frase astratta per descrivere la perfezione di ciò che questi
artisti hanno saputo ricreare nella realtà.
Non capite cosa vi stiamo dicendo? Non
importa, a me basta godere nel vedere qualcosa che non sarò mai in
grado di fare.
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