E' normale, ogni giorno ci succedono una quantità infinita di cose, e non possiamo ovviamente ricordarle tutte. Capita però che qualcuna prevalga sulle altre e rimanga nei nostri ricordi, e questa nostra selezione automatica del vissuto avviene secondo una serie di criteri più o meno consci ma estremamente soggettivi.
Per quel che mi riguarda, due sono gli eventi che hanno attirato la mia attenzione in questi giorni: una mostra e un mercatino; eventi scollegati tra loro che hanno mosso una serie di pensieri.
In primo luogo la mostra, all'interno di una galleria contemporanea, il solito ex spazio industriale magistralmente riadattato grazie a quei soldi in più che le grandi aziende oggi usano per crearsi la loro collezione d'arte o il loro spazio contemporaneo.
Poco importa la provenienza, perché in questo caso i soldi di mamma chioccia mettono in scena mostre curate ad arte di artisti più o meno giovani, ma sempre dai nomi impronunziabili.
Unica pecca è l'assenza di cartelli che avvertano dei possibili sintomi che la mostra in questione può provocare: una sola avvolgente opera che si presenta allo spettatore in un ambiente buio, che si affaccia su altre stanze, impregnate di storia e dal gusto decadente. Immagini ad alta definizione che creano una narrazione dal sapore di whisky e l'odore di sigaro, una vena nostalgica da bohémienne e un suono, una musica cantata da roche corde vocali che rizzano i peli e si accompagnano a poetici strumenti, suonati da giovani mani. E lo spettatore si ritrova lì, a ruotare su se stesso fino ad avvertire il bisogno di sedersi in terra, senza più fretta, solo restare ancora un po'.
Il secondo evento è il mercatino, che si impadronisce delle strade allestendo bancarelle di vita, non di oggetti: venditori che sono a loro volta pezzi di antiquariato che espongono le merci più svariate e dai racconti impossibili.
Il cielo si mantiene incerto, l'aria carica di appiccicosa umidità e fiumi di curiosi, intenditori e rompiscatole; circostanze non ideali ma comunque pervase da passione: sgomitare, spingere, scusate, desiderare, guardare, vedere, quanto costa? troppo caro, aspettare, curiosare, ogni tanto acquistare, per favore non toccare.
Queste descrizioni non bastano; c'è qualcosa che differenzia questi eventi dal resto, e la risposta se la suggeriscono l'uno con l'altro: entrambi sono un insieme di più elementi.
L'opera d'arte si presenta come immagini in un ambiente buio, accompagnato da suoni prodotti da diversi soggetti contemporaneamente, ognuno in un luogo diverso, e ogni luogo con una storia a sé, che traspare dai dettagli.
Il mercatino è un ricettacolo di persone provenienti dai luoghi più disparati e di oggetti, impregnati di mille storie vissute, da posti inaspettati, dove ogni ammaccatura ha un volto e un nome.
Ecco quindi che quelli che appaiono come singoli momenti, sono in realtà stratificazioni e somme di aspetti differenti , ognuno dei quali contribuisce e arricchisce il singolo evento, che ne esce fortificato, potente e toccante. Banalmente, l'unione fa la forza, e inserire le cose in un contesto permette loro di diventare travolgenti, di entrare nella categoria di bellezza e di vestirsi con la loro aura, così da sorprendere l'ormai disilluso animo umano con sapori frizzanti, dal profumo antico ma estremamente contemporanei.
Come ha detto un un venditore - mica voglio diventare l'uomo più ricco del cimitero! - quindi non teniamo per noi le nostre ricchezze, godiamone, perché tanto alla fine non ce ne facciamo niente.
Per quel che mi riguarda, due sono gli eventi che hanno attirato la mia attenzione in questi giorni: una mostra e un mercatino; eventi scollegati tra loro che hanno mosso una serie di pensieri.
In primo luogo la mostra, all'interno di una galleria contemporanea, il solito ex spazio industriale magistralmente riadattato grazie a quei soldi in più che le grandi aziende oggi usano per crearsi la loro collezione d'arte o il loro spazio contemporaneo.
Poco importa la provenienza, perché in questo caso i soldi di mamma chioccia mettono in scena mostre curate ad arte di artisti più o meno giovani, ma sempre dai nomi impronunziabili.
Unica pecca è l'assenza di cartelli che avvertano dei possibili sintomi che la mostra in questione può provocare: una sola avvolgente opera che si presenta allo spettatore in un ambiente buio, che si affaccia su altre stanze, impregnate di storia e dal gusto decadente. Immagini ad alta definizione che creano una narrazione dal sapore di whisky e l'odore di sigaro, una vena nostalgica da bohémienne e un suono, una musica cantata da roche corde vocali che rizzano i peli e si accompagnano a poetici strumenti, suonati da giovani mani. E lo spettatore si ritrova lì, a ruotare su se stesso fino ad avvertire il bisogno di sedersi in terra, senza più fretta, solo restare ancora un po'.
Il secondo evento è il mercatino, che si impadronisce delle strade allestendo bancarelle di vita, non di oggetti: venditori che sono a loro volta pezzi di antiquariato che espongono le merci più svariate e dai racconti impossibili.
Il cielo si mantiene incerto, l'aria carica di appiccicosa umidità e fiumi di curiosi, intenditori e rompiscatole; circostanze non ideali ma comunque pervase da passione: sgomitare, spingere, scusate, desiderare, guardare, vedere, quanto costa? troppo caro, aspettare, curiosare, ogni tanto acquistare, per favore non toccare.
Queste descrizioni non bastano; c'è qualcosa che differenzia questi eventi dal resto, e la risposta se la suggeriscono l'uno con l'altro: entrambi sono un insieme di più elementi.
L'opera d'arte si presenta come immagini in un ambiente buio, accompagnato da suoni prodotti da diversi soggetti contemporaneamente, ognuno in un luogo diverso, e ogni luogo con una storia a sé, che traspare dai dettagli.
Il mercatino è un ricettacolo di persone provenienti dai luoghi più disparati e di oggetti, impregnati di mille storie vissute, da posti inaspettati, dove ogni ammaccatura ha un volto e un nome.
Ecco quindi che quelli che appaiono come singoli momenti, sono in realtà stratificazioni e somme di aspetti differenti , ognuno dei quali contribuisce e arricchisce il singolo evento, che ne esce fortificato, potente e toccante. Banalmente, l'unione fa la forza, e inserire le cose in un contesto permette loro di diventare travolgenti, di entrare nella categoria di bellezza e di vestirsi con la loro aura, così da sorprendere l'ormai disilluso animo umano con sapori frizzanti, dal profumo antico ma estremamente contemporanei.
Come ha detto un un venditore - mica voglio diventare l'uomo più ricco del cimitero! - quindi non teniamo per noi le nostre ricchezze, godiamone, perché tanto alla fine non ce ne facciamo niente.
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