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prendi i tuoi spazi _


-Camminare, per diletto e senza un fine, sta ormai cadendo nelle pratiche in disuso, soprattutto se questo tipo di attività deve essere svolta in città.
In effetti, perché mai? Le città, nonostante siano il luogo in cui l'essere umano vive, non sono sempre a lui congeniali, non provocano benessere ma un ritmo di vita frenetico, caotico e stressante. Le città tendono al monocromatico: dal cielo al suolo sfoggiano tutte le sfumature di grigio che l'occhio umano può percepire.
Ma poco importa, perché gli occhi ormai, raramente si sollevano dall'asfalto. Un po' per evitare gli ostacoli, un po' per non incontrare gli occhi degli altri passanti, questo tipo di postura ha fatto assumere alle scarpe che si indossano una valenza sociale non indifferente. Sono diventate uno dei codici di classificazione: dimmi che scarpe porti, ti dirò chi sei.
L'atto del camminare, in realtà, rappresenta una chiave di conoscenza profonda, racchiude lettura e scrittura del territorio nello stesso momento, e questo conferisce, all'essere che lo abita, sicurezza e maggiori capacità.
Attraversare un territorio gli fa assumere automaticamente un nuovo significato, in quanto legato ad un atto di creazione. Camminare è fonte di creatività.

Salire, spostarsi da un luogo più basso verso l'alto, in direzione verticale. È un concetto che racchiude un'aspirazione, una tensione, provocata dal tipo di fatica che compiere questa azione richiede.
In natura, solitamente, l'atto di salire è legato ai dislivelli del terreno, dalle colline, alle montagne, ai boschi, se affrontati a piedi, richiedono un impegno fisico sovente accompagnato da una preparazione del corpo e della mente.
Per quanto riguarda la città, l'azione del salire viene istintivamente legata ai palazzi o grattacieli, con le loro scale, ma preferibilmente con i loro ascensori.
Un pulsante, due porte scorrevoli e qualche secondo di canzoncine canticchiate mentalmente, con una leggerissima ansia, nascosta sul fondo, di rimanere bloccati in ascensore (motivo per cui, il cartellino con i numeri di emergenza è la seconda cosa che gli occhi cercano, dopo un veloce sguardo a se stessi nell'usuale specchio alle pareti).

In una città come Milano, tutto e tutti scorrono, non camminano, non salgono o scendono, ma semplicemente e costantemente scorrono, in un flusso costante e rapido, distratto e disincantato.
È una città che ha posto una facciata uniforme e opaca, sopra un cuore armonioso e bello. Basti pensare alle Corti, cortili verdi, magnifici e silenziosi, racchiusi dietro portoni spessi e cancelli impenetrabili, nei ventri dei palazzi. Oppure i Navigli, corsi d'acqua relegati sotto strati di cemento, che solo in piccoli angoli di città fuoriescono, quasi a prendere una boccata di ossigeno, prima di essere nuovamente sommersi.

Ed ecco che le azioni di prima, camminare e salire, tornano alla mente come mezzo per scoprire, conoscere e vivere nuove esperienze in un luogo, Milano, che sembrava aver già offerto tutto quello che aveva.

Ricordare per andare avanti, ma attraverso nuovi punti di vista: camminare senza correre, conoscere la città in cui si vive, semplicemente guardandola; e salire, elevarsi, alzare lo sguardo e prendere i proprio spazi.  

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